Le avevo già viste quelle vetrate, un paio di volte con le luci della sera e la voglia di appiccicare la faccia per vedere meglio - ma non voglio sporcare i vetri, e allora mi limito a studiare da fuori quegli spazi che camminerò presto.
Da sempre delle cucine mi stupisce la sincronia dei gesti che si traduce in un unisono di risultati: più mani compongono i piatti, come qui più mani fanno musica, solo con strumenti diversi. E dopo te la puoi anche mangiare.
Alla fine con i piedi a penzoloni ci sono stata davvero, quasi.
Sul balcone di uno dei palazzi di Piazza del Mercato di questa città dove parlano per quinte, me l’ha detto Francesco (confermo), che è poi Sarc:o.
Ho giocato. Ho giocato con le luci magenta e le pareti blu e il buio; ho bevuto vino bianco e ho riso; ho mangiato il salmone selvatico con le mani abbandonando la forchetta di plastica e mi sono leccata le dita.
Ho fatto tutto questo fotografando, fino alla fine.